Basta con i privilegi, dice il ministro!

Analizziamo a grandi linee la riforma dello status giuridico dei professori

Di Andrea Lobina

 

 

Basta con i privilegi. Basta con i professori che fanno la loro lezione e poi si rendono irreperibili. Nella nuova università’ italiana "i docenti, tutti i docenti, dovranno impegnarsi di più, senza distinzioni".

Il ministro dell’Università, Ortensio Zecchino (PPI), riassume così l’idea guida della riforma dello stato giuridico che interesserà i 50 mila professori dei 70 atenei italiani ecco le linee generali.

I professori avranno doveri precisi, non sarà loro negata la libertà di svolgere un’attività professionale esterna, ma non a scapito dei loro doveri, il cui adempimento sarà sottoposto a rigidi controlli e sanzioni. Cominciamo dal tema più spinoso, quello dei limiti alla libertà di un docente universitario di svolgere un’attività professionale esterna. La legge prevede che non vi siano più professori a tempo pieno e a tempo definito, tutti dovranno darsi da fare, senza distinzioni.

L’università, naturalmente, riconosce a ciascuno il diritto di esercitare la professione privata, ma si tratterà di una libertà sub iudice. Basterà dichiarare che non c’è incompatibilità con le funzioni svolte dal docente e che non ci sono conflitti di interesse. Ma se, è questa la condizione, nella verifica quadriennale dell’attività del professore universitario il giudizio non sarà positivo, l’esercizio della libera professione sarà interdetto, inoltre - ma questo vale anche per chi non esercita la professione privata - interverranno delle penalizzazioni economiche e di carriera.

Le valutazioni saranno fatte secondo i criteri suggeriti dal Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario che si insedierà tra qualche giorno. Il comitato detterà anche i criteri per l’istituzione degli organi di ateneo che avranno il compito di fare la valutazione.

Il ministro sostiene da tempo che i docenti devono dedicare più tempo all’università. A questo proposito la riforma dello stato giuridico dei professori prevede che l’attività didattica da svolgere nell’università sarà di 500 ore, escluse la preparazione delle lezioni e la ricerca scientifica che resterà l’impegno prevalente con più stringenti meccanismi di controllo. Le 500 ore dovranno essere distribuite in almeno dieci mesi al fine di evitare concentrazioni o full immersion. Non si potrà far lezione ad ore insolite per non danneggiare l’eventuale attività privata. Centoventi ore su 500 dovranno essere dedicate all’attività frontale, ovvero alle lezioni, ai seminari e alle esercitazioni. Le rimanenti trecentottanta serviranno a garantire il rapporto con gli studenti: colloqui, tutorato, orientamento, attività integrative per le matricole e via dicendo. Gli studenti non dovranno più mendicare un colloquio nei corridoi delle facoltà. I professori potranno essere chiamati a insegnare la propria disciplina o discipline affini anche in altre facoltà. Non capiterà più che un docente titolare di una materia molto particolare esaurisca il suo impegno tenendo un corso a trenta studenti.

L’impegno dei docenti Non dovrebbe essere tanto distante dalle 1500 ore all’anno, tutto compreso. Che poi è come dire, almeno 5 o 6 ore al giorno da dedicare all’università. Poiché cresceranno i doveri si prevede anche un adeguamento degli stipendi.

Non ci si è posti il problema dell’incompatibilità, ma quello dell’assolvimento dei doveri.

L’università si avvarrà di professori di ruolo divisi in due fasce e di docenti titolari di contratti. Le due fasce, alle quali si accederà attraverso l’attuale meccanismo dei concorsi, sono quella dei professori ordinari, che comprenderà tre classi, e quella dei professori associati o più semplicemente professori che ne comprenderà sei.

I professori ordinari avranno l’esclusiva dell’elettorato passivo per le cariche di rettore, preside e direttore di dipartimento. La progressione da una classe all’altra avverrà in seguito ad una valutazione dell’attività didattica e scientifica, con cadenza quadriennale. I più bravi, però, potranno chiedere una valutazione anticipata.

Sono previste due figure di docenti a contratto: il tirocinante per la ricerca e la didattica, che rappresenta la modalità classica di accesso all’università dopo il dottorato di ricerca, e il docente esterno, un ruolo riservato a eminenti figure del mondo civile, produttivo e professionale. Finora il docente esterno ha coinciso con la figura del "tappabuchi". Ma d’ora in poi, grazie al maggior impegno richiesto, le "supplenze", che hanno un loro costo, dovrebbero scomparire. E il docente esterno rappresenterà un arricchimento dell’offerta dell’università".

Gli atenei potranno stipulare contratti individuali di diritto privato con ciascun docente per dei carichi di lavoro aggiuntivi quali la gestione, attività didattica straordinaria, obiettivi particolari come un progetto per la riduzione dei fuori corso. La contrattazione potrà riguardare l’esercizio parziale della libera professione all’interno dell’università, sempre che il docente sia d’accordo.

I ricercatori: saranno preclusi nuovi accessi, la fascia dei ricercatori non sarà più nutrita da nuove immissioni e quindi si esaurirà.